20.6.12

Insull: «Tutto crollato, Sam».


Il viaggio nella ricchezza è diventato un viaggio nel delirio. Il 7 maggio 1929, nella sua nuova faraonica villa di Chicago, Insull offre un ricevimento per festeggiare un traguardo da capogiro: un milione e ottocentomila americani sparsi in tutti gli Stati Uniti hanno comperato «azioni Insull». Un milione e ottocentomila americani hanno in tasca una fetta di una gigantesca torta fatta di fumo. Appena cinque mesi più tardi, le tre parole telefonate da New York: «Tutto crollato, Sam». Crollata, nel disastro di Wall Street, la piramide dì carta messa in piedi da Insull, e le altre incredibili piramidi d’illusioni che uomini come Insull hanno montato un po’ ovunque nel Paese.
Riportato bruscamente alla lucidità dalle tre parole di Charles Mitchell, Sam Insull, l’ex «imperatore di Chicago» ora ha soprattutto bisogno di tempo. Per riflettere, per trovare una via d’uscita, per arginare la valanga dei risparmiatori rovinati che sta per abbattersi su di lui. Il 30 ottobre Insull riunisce i suoi collaboratori più fidati: «Bisogna stimolare il mercato. Dobbiamo sostenere le nostre azioni acquistandole noi stessi, in modo da evitare il panico. Ho ritirato cinque milioni di dollari dal mio conto personale alla National City Bank. Forse basteranno…». Invece i cinque milioni non basteranno.
Sei mesi dopo, la Cadillac di Insull attraversa Chicago. Il vecchio finanziere è smagrito, i suoi bianchi baffi sono gialli di nicotina, il suo volto è di cera. Ha dovuto vendere la villa monumentale e ha traslocato con la moglie, una donnetta quieta che si è adattata da anni al ruolo di ombra muta del marito, in un piccolo appartamento al quinto piano dì un edificio alla periferia della città. L’arredamento della nuova abitazione è francescano: due materassi, sul pavimento, tre sedie impagliate, un tavolo di legno. In un angolo, appoggiato su uno scatolone di cartone, c’è però un telefono placcato d’oro, malinconico souvenir dei tempi migliori. Gliene sono rimasti altri due, la Cadillac e il vecchio autista che lo sta portando attraverso Chicago in un girovagare senza meta.

Sono le 10.30 del mattino e l’auto di Insull viaggia adagio lungo la Waker Avenue. D’improvviso, una secca detonazione, poi un’altra e un’altra ancora. Tre fori netti nel cristallo di un finestrino, l’autista che si accascia sul volante e la Cadillac che balza sul marciapiede fracassandosi con fragore contro l’angolo di una casa.
Insull è illeso, ma sconvolto dalla paura.
La sirena di una moto della polizia che si avvicina copre le grida dei passanti spaventati dagli spari. Senza curarsi dell’autista ferito alla spalla destra da un proiettile, il vecchio finanziere abbandona l’auto e si rifugia, sotto un portone vicino. Vi resta rintanato per oltre un’ora, mentre dalla strada gli arrivano altre grida, la sirena lamentosa di un’autoambulanza e gli ordini secchi dei poliziotti che allontanano la folla dei curiosi. Finalmente Insull trova il coraggio di uscire sulla strada, di fermare un tassì e di balbettare al conducente il nome di una via...

Prima di sera, gli strilloni del «Chicago Tribune» sciamano nelle vie della città urlando: «Attentato a Insull. Arrestato lo sparatore. Il finanziere è misteriosamente scomparso!»
L’attentatore, catturato dalla polizia subito dopo la sparatoria, è un giovane di 29 anni: aveva investito in «azioni Insull» l’intero patrimonio dei genitori. Qualcuno lo ha udito urlare mentre sparava con la pistola: «Insull, hai rovinato due milioni di americani».
Due milioni di potenziali attentatori sono troppi e Insull decide di giocare la carta che fin qui ha tenuto in serbo: un conto in banca intestato alla moglie. Megalomane nella ricchezza, Insull lo è anche nella paura. Con il denaro della moglie acquista una Cadillac 16 cilindri blindata con lastre d’acciaio del peso di tre tonnellate e ingaggia 36 guardie del corpo reclutandole fra i gangster di Al Capone. Il re della malavita di Chicago è da qualche mese fuori città impegnato a sfuggire alla rete che la polizia federale si è finalmente decisa a stendergli attorno: i suoi uomini, divisi in tre squadre di dodici ciascuna, passano volentieri al servizio di Insull. Sono pagati un dollaro l’ora.

La Cadillac blindata, i 36 «gorilla», ma soprattutto la grande confusione in cui la città è piombata a causa del dilagare della crisi, sono per Sam Insull una protezione efficace. Per due mesi, disperatamente attaccato al telefono placcato d’oro l’ex finanziere tenta di riallacciare contatti con banchieri e agenti di cambio, ma è ormai un ingombrante fantasma e nessuno vuole ascoltare la sua voce.
Intanto, in tutta l’America sta montando minacciosa la marea del furore: qualcuno dev’essere pur stato a trascinare il Paese nel baratro. I «qualcuno» sono stati molti, lo sono stati un po’ tutti, ma il «qualcuno» più colpevole degli altri comincia confusamente a essere individuato nel tremebondo ex finanziere che vive nascosto in un appartamentino di due stanze vigilato giorno e notte da tre squadre di guardie del corpo.

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